Da una nave russa a unaphotoalgiorno. Chiacchierata sulla fotografia con Graziano Paiella


Da una nave russa a unaphotoalgiorno.
Chiacchierata sulla fotografia con Graziano Paiella


Martedì 8 febbraio 2011 tira poco vento a Roma, il clima è mite e un anticiclone proveniente dalle Isole Azzorre rende la giornata umida e soleggiata. Mentre le temperature ondeggiano tra un minimo di 4 e un massimo di 16 gradi e qualche nuvola bassa si muove a traffico moderato sopra il Mar Mediterraneo e il Tirreno, Graziano Paiella prende di spalle Castel Sant’Angelo, ritraendolo oltre una finestra sporca. Gli aloni del vetro diventano sbavature dei raggi del sole e si confondono con la chioma cascante di un albero.
È in quel momento che egli decide che ogni giorno avrà la sua foto.
Siamo nella primavera del 2015 e la storia di unaphotoalgiorno è oramai una lunga storia, che continua. Quattro anni di fotografie scattate quotidianamente in Italia, ma qualche volta anche oltre confine, quotidianamente condivise nel suo profilo facebook e custodite nel sito www.grazianopaiella.com.
Di questa storia e d'altro abbiamo parlato con Graziano Paiella.

Mi incuriosisce innanzitutto sapere cosa ci fosse prima della sfida di quel martedì e quali foto prima di quella che ha dato il via a unaphotoalgiorno
Direi che la mia passione per la fotografia nasce con il regalo della mia prima macchinetta fotografica, una MINICOMET Bencini, un piccolo apparecchio anni '60. Con quello, a circa 7 anni, ho scattato le mie prime foto. Mi ricordo ancora quando i miei genitori ritirarono le stampe e mi dissero che alcune erano venute male, con strane inquadrature, io però le avevo scattate così apposta...
Poi un viaggio a Venezia, all’età di 17 anni, contribuì in modo determinante a consolidare questo amore. Ricordo una foto in particolare: era il 1977, una nave russa entrava nel canale con la sua falce e martello sulla ciminiera, io mi affrettai a scattare e solo dopo, con la stampa, mi accorsi che era entrato nell’inquadratura un gabbiano in volo, leggermente mosso. Mi conquistò. Credo che nella fotografia, come in tutte le arti, per un buon risultato debbano fondersi una serie di elementi, dalla tecnica, alla luce, al soggetto e qualche volta interviene il caso che rende il tutto più interessante. Non che nei miei lavori l'elemento casuale sia indispensabile, ma a volte può diventare un valore aggiunto, imprevedibile, e in quella foto di Venezia fu determinante. La scattai con un vecchio apparecchio a soffietto, una Kodak Retinette. Era di mio padre. 


Tutte le immagini di unaphotoalgiorno, sono davvero tante, sono scattate con uno smartphone?

Sì, le immagini ad oggi sono circa 1500, è un po’ una follia, ma l’impegno quotidiano mi diverte e mi tiene allenato l'occhio. Da circa 5 anni le mie foto sono scattate quasi esclusivamente con lo smartphone. È un oggetto versatile, ma soprattutto è sempre con me.
La qualità non è alta, ma la velocità e l’immediatezza possono essere a volte molto utili. Mi basta vedere un luogo, un taglio di luce o qualcos’altro che attira il mio sguardo e sono pronto a fissarlo in un file. Tutto all’istante e un attimo dopo, posso condividere lo scatto con centinaia di persone. Tutto ciò è affascinante per uno come me che viene dalla fotografia analogica, fatta di tempi lunghi ed attese per lo sviluppo e per la stampa. Senza nulla togliere a quel meraviglioso mondo della fotografia su pellicola, alla quale io sono molto affezionato.
Da quel che dici, capisco dunque che l'immediatezza con cui si può fruire delle immagini non ti sembra un limite, anzi, tutt'altro. Forse il fatto che si tratti di una foto al giorno, quindi di una storia che sappiamo che avrà un seguito, ci aiuta a non logorarle? È la costanza del tuo discorso fotografico a frenare un po' la velocità della fruizione?

Il ritmo incessante dello scorrere delle immagini al quale oggi siamo sottoposti è impressionante, ne siamo bombardati costantemente. Da quando ero bambino, dagli anni 70 ad oggi c’è stata un’immensa accelerazione del nostro rapporto con le immagini, sia con quelle in movimento, di cinema e televisione, che con quelle fisse. Questa sovraesposizione ha spinto inevitabilmente il video e la fotografia a progredire nel loro linguaggio e a sviluppare nuovi modi di vedere. Oggi, con la diffusione degli smartphone, siamo tutti fotografi o videomakers, tutti siamo in grado di leggere una buona fotografia. Facebook è un canale nel quale scorrono quotidianamente un illimitato flusso di parole ed immagini, sia video che fotografiche, e sono proprio queste ultime che moltiplicandosi in maniera esponenziale con la condivisione, lo rendono il social network più attraente. Ecco, a me piace immergere le mie foto in questo fiume, e quando il mio scatto condiviso blocca lo sguardo di qualcuno che clicca poi sul like, credo di essere riuscito a trasmettere qualcosa. Per me Facebook è una bacheca sulla quale posso fissare le mie fotografie, i momenti che vedo, come fossero post it con i miei appunti attaccati a una parete.
Di questo tuo lungo reportage fotografico, oltre alla quotidianità, vorresti evidenziare altre costanti?

Altra costante è la parola ricerca, la ricerca nel quotidiano di immagini che riassumano un emozione o per isolare delle immagini dal fluire troppo veloce del nostro vedere, una ricerca per soffermarsi a guardare. Mi capita spesso di ricevere apprezzamenti per unaphotoalgiorno, anche da persone che non incontro abitualmente ma fruitori di Fb.
Alcune di loro mi raccontano che, seguendo il filo del mio discorso, sono state attratte e condizionate dal mio punto di vista ed hanno cambiato modo di fotografare. Ciò mi colpisce e, devo ammettere, mi gratifica molto.
 Suggerire uno sguardo attraverso un’immagine credo sia una delle cose più affascinanti e anche più difficili per un fotografo. Vuol dire che l’immagine è stata recepita e si è fissata nella memoria e può aiutare nel tempo a vedere e guardare in modo diverso. Un po’ come il ritornello di una canzone che ci si ritrova a fischiettare inconsapevolmente. Per me la fotografia è una musica per gli occhi.

Le persone sono spesso assenti nelle tue foto, eppure quando io le guardo mi capita spesso di aspettare che qualcuno ritorni; voglio dire che gli spazi che ritrai mi sembrano luoghi momentaneamente, solo momentaneamente, abbandonati. Come se ci fosse sempre una voce in lontananza, che fa compagnia.

È bello quello che dici, grazie, rimanda ad un mio modo di essere. È vero, le persone spesso sono assenti, ma a volte entrano da sole in certe immagini, come il gabbiano. Arrivano improvvisamente e io le lascio lì! Sono volute entrare e io le lascio dentro! Le chiamo comparse.
Tornando al tema del guardare, hai già parlato di "soglie" in occasione di una tua mostra a San Francisco.

La mostra del 2014 a San Francisco è stata una grande conferma dopo tanti anni di fotografie, finalmente la mia prima vera mostra fotografica. Titolo “Soglia”, “Treshold”. Il tema mi è stato suggerito dalla lettura di Lezioni di fotografia, bellissimo libro del maestro Luigi Ghirri. Per lui: «Fotografare vuol dire escludere, e questo si fa con l’inquadratura che è, appunto una soglia.
[…] L’inquadratura non è solo bordo, ma una 'soglia': un punto nello spazio in cui si fronteggiano il mondo interiore del fotografo, io-pelle con occhio abnorme, e l’ammasso inerte e silente che sta fuori». Da queste parole ho tratto spunto per la mia mostra . La mia ricerca fotografica sulla soglia è stata una sfida nel trovare ulteriori soglie da inserire nell’inquadratura del paesaggio marino, con l’intento di portare lo sguardo dell’osservatore su un solo punto: l’orizzonte del mare. E allora nelle mie immagini appaiono elementi casuali atti a concentrare l’attenzione sulla linea di confine tra cielo e mare, elementi trovati sulle spiagge o sulle strade lungomare del Tirreno, Adriatico e Jonio. Vedere queste fotografie del paesaggio italiano nel contesto di una città come San Francisco è stato per me motivo di grande soddisfazione.

Oltre al tuo lavoro di regista e a Luigi Ghirri, chi o che cos'altro ritieni che ti abbia insegnato uno sguardo?

Ogni fotografo ci insegna a guardare le cose in modo nuovo, ma Luigi Ghirri per me è stato colui che ha condizionato ed emozionato con più forza le origini della mia fotografia. Poi ho scoperto Gabriele Basilico che ha influenzato il mio modo di vedere la città. Infine Hiroshi Sugimoto che ha sintetizzato il linguaggio fotografico con le sue foto dedicate al mare, cancellando il superfluo e riducendo la fotografia a una linea: l'orizzonte, il cielo sopra e sotto il mare, fotografato in diversi luoghi ed in diverse ore sulla terra.


CapGazette ringrazia Graziano Paiella e le sue fotografie


Clicca sulle immagini per entrare nel sito fotografico www.grazianopaiella.com
Chiacchiere: Graziano Paiella e Nicoletta De Boni © CapGazette
Foto: Immagini tratte dalla mostra 'Soglia' e 'Altare della patria', Roma 1967 © Graziano Paiella
Maggio 2015

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