Viaggio di sola andata. Burgos – La Bisbal; Jaén – Barcellona


Viaggio di sola andata

E lì fu mandato a dare buoni consigli ai contadini locali
Burgos - La Bisbal


Una storia d’immigrazione che mi piacerebbe raccontare è quella di mio suocero, Luis Prieto.
Nato a Burgos nel dopoguerra, nella sua giovinezza studiò prima nella sua città e dopo a San Sebastián e Navarra.
I suoi genitori, entrambi impiegati statali a Burgos, gli avevano consigliato di diventare ingegnere agronomo.
Dato che uno dei cinque figli avrebbe dovuto occuparsi delle proprietà della famiglia, avevano pensato proprio a lui. Non parliamo di possedimenti d’una ricchezza enorme, bensì d’una normale proprietà, anzi un po’ arida, in un piccolo paese della Tierra de Campos, vicino a Palencia, che sarebbe comunque stata in grado di dare da vivere, e pure abbastanza bene, a una famiglia.
Siccome nessuno dei figli se la sentiva di lavorare la terra, la tradizione agricola familiare se ne sarebbe andata a rotoli, se i genitori non avessero scelto lui. Anche se in quel paesino veramente non ci abitavano ogni giorno dell'anno, ma piuttosto d'estate, Luis fin da piccolo aveva molto amato quella terra.
E fu così che, seguendo il volere e la tradizione familiare e prima di trasferirsi definitivamente al villaggio, fece un esame per diventare ingegnere agronomo statale. La sorpresa arrivò quando, una volta superato l’esame, lo destinarono a La Bisbal, una località vicino a Girona e all'estremo est della Spagna e lì fu mandato a dare buoni consigli ai contadini locali; nessuno aveva davvero mai sospettato che lo potessero mandare in un posto che non fosse Burgos...
Stando così le cose, mio suocero, ormai rassegnato a andarsene da un'altra parte, acquistò subito un dizionario castigliano-catalano e fin dall’inizio cercò di integrarsi nella cultura locale e di parlare con gli agricoltori della zona nella loro propria lingua. Sebbene questo sembri normale oggi, nei primi anni sessanta (eravamo ancora nella Spagna franchista), non c’erano tanti impiegati statali spagnoli che lo facevano. Tutt'altro, molti volevano ritornare nella loro provincia il prima possibile.
Una volta appreso il catalano, Luis si innamorò d’una catalana. Ecco fatto! Matrimonio, figli, eccetera, eccetera...
Non pensò mai più di ritornare nel paesino della Castiglia, ma di diventare un vero catalano d’adozione.
Insomma, alla fine il progetto che per lui avevano pensato i suoi genitori era fallito, perché il ragazzo aveva seguito la sua strada.
Oggigiorno i campi nel bel paese della provincia di Burgos, venduti ormai da tempo, vengono ancora coltivati e chi se ne occupa è un cugino del protagonista di questa storia.




Testo di © Pere Gifra
Vide per la prima volta il suo primogenito in carcere
Jaén - Barcellona



Manuel nacque a Jaén nel 1915 e ha una strana storia di emigrazione, giacché non è stata la povertà o la ricerca di avventura quello che ha motivato il suo viaggio.
A causa del servizio militare fu trasferito a Barcellona e siccome suo padre era 'guardia civile', lui fu destinato allo stesso reggimento.
Mentre faceva ancora il servizio militare, nell'anno 1936 scoppiò la guerra civile e Manuel faceva parte di quella metà dei militari che erano stati fedeli alla repubblica; la qual cosa, insieme alle sue idee comuniste, gli avrebbe portato un bel po' di problemi.
Non era nei suoi piani rimanere a Barcellona, ma un po’ prima del colpo di stato, Manuel aveva conosciuto Maria, i cui genitori vedevano di cattivo occhio il loro rapporto perché la ragazza aveva lasciato un altro fidanzato apparentemente più equilibrato e stabile di Manuel. Nonostante questo fidanzamento non fosse per niente facile, da un lato per il confronto con la famiglia di lei e dall’altro per la situazione di conflitto sociale, la coppia andò comunque avanti per la propria strada. Manuel, che non si tirava facilmente indietro, si disse che Maria sarebbe stata sua moglie.
Manuel se ne andò al fronte di guerra poco dopo aver sposato Maria, che era incinta. Dopo pochi mesi egli venne arrestato dalla polizia e incarcerato nella prigione di Cadice, con l'accusa di ribellione (anche se lui sosteneva che i ribelli erano loro); più tardi fu trasferito a Barcellona, e in attesa di processo rimase nel carcere di Montjuïc per tre anni. Nel frattempo Maria aveva dato alla luce il suo primo figlio.
Manuel vide per la prima volta il suo primogenito in carcere, e una seconda volta nel processo in cui fu condannato a morte. Tuttavia un colpo di fortuna cambiò il destino della giovane famiglia: Manuel fu liberato ed uscì dalla prigione, a condizione che si presentasse ogni settimana in caserma.
Sebbene Manuel in qualche modo avesse iniziato un nuovo percorso di vita, come conseguenza dei tre anni senza libertà e della stretta sorveglianza a cui era soggetto, non ce la faceva a tirare avanti la famiglia; per fortuna Maria era una donna forte e ottimista, quindi lei badava a tutti e a tutto, senza mollare mai. Questa storia però non è sempre stata così tragica, ci furono dei bei momenti; la famiglia crebbe, Manuel recuperò la gioia di vivere, e anche la sua passione per la poesia, regalando alla famiglia un nuovo spirito che ancora oggi permane.
Manuel non se la sentì mai di tornare a Jaén, diceva sempre che Barcellona, la Catalogna, dove era arrivato quasi per caso, era il suo posto. Due ricordi sono ancora vivi nella mia memoria: mio nonno Manuel mentre mi legge poesie di Miguel Hernández e la sera della sua morte, mentre sussurrava: assassini, assassini. Mi intristisce, quando ci penso.

Testo di © Yolanda Olmos
Foto © CapGazette
Aprile 2016

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