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Ma perché liberarsi dai pesciolini d’argento?

Ma perché liberarsi dai pesciolini d’argento?

I pesciolini d'argento (Lepisma saccharina) sono inoffensivi, ma non è molto piacevole averli in casa. Si nutrono di libri, pelle morta e di altri materiali amidacei, e proliferano negli ambienti umidi e bui. Quando ti accorgi di avere un'infestazione, puoi sbarazzartene con delle trappole, con dei repellenti e rendendo la casa meno ospitale. Continua a leggere per imparare a liberarti dei pesciolini d'argento. (copia e incolla da: http://it.wikihow.com/Liberarsi-dei-Pesciolini-d'Argento).
L’ultimo l’ho astutamente salvato dalle grinfie del gatto di casa distraendolo, il gatto. Il penultimo era scivolato nel bidet e gli ho detto chiaro chiaro: “A bello, mo cavatela da solo: la vita è dura per tutti”. Con un altro ancora ho assistito alla scena di come “fanno i morti” quando percepiscono il pericolo: si stecchiscono per finta sperando di passare inosservati e confusi con le eventuali piccole porcherie, che loro neanche sanno quanto accompagnano la nostra vita. Io ero lì con la scopa in mano, spazzavo il pavimento, non è che mi stessi divertendo, però m’ha strappato un sorriso la sua ingenua strategia per farmi fessa, inconsapevole che tanto l’avrei comunque graziato.
Non è che ami gli insetti, tutt’altro. Però sono una persona istruita: ho frequentato il Liceo Scientifico del mio quartiere alla periferia sud di Roma, liceo che quando l’ho iniziato neanche aveva uno straccio di nome, ma che poi si è chiamato Ettore Majorana. Giunta al secondo anno, grazie al provvido Programma ministeriale di Scienze ho aperto gli occhi. Il mio personale castigo biblico (d’altra parte proprio nei libri abitava), il mio incubo, ossia quelle cose vive che ogni volta che aprivo un vecchio volume di mio padre si scapicollavano fuori dalle pagine, spaventandomi, avevano un nome proprio, Lepisma saccarina, e un graziosissimo nomignolo: pesciolini d’argento.
E la professoressa Marino e il libro di scienze mi hanno chiarito che, oltre a possedere un nome, quindi già di per sé quella dignità che fino ad allora avevo loro negato, vantano una storia millenaria e sono fra le creature che, “nei secoli fedeli”, non hanno subito pressoché nessuna evoluzione. Insomma, stavano e stanno bene così, beati loro. Forse l’eterno è solo l’identica riproduzione del se stesso all’infinito. Abbastanza noioso per essere roba da umani.
Poi dice che la scuola e l’istruzione non servano a niente. A me, insomma, questo fatto m’ha commosso: gli abusivi occupanti dei libri di mio padre, cosette oblunghe, antennute e zampute, che prima di saperne le vicende mi facevano abbastanza schifo al punto da rinunciare a leggerli, i libri, provenivano intatti dalla notte dei tempi.
Ma non solo: erano così pertinaci da infischiarsene di migliorare e si riproducevano senza varianti. E chi “se ne sbarazza” più dei pesciolini d’argento. Lascio che si facciano la loro vita. Chi sono io per negare ospitalità agli eredi degli eredi degli eredi delle prime creature che hanno colonizzato la terra ferma? Quando mi ci imbatto, cerco di non calpestarli. Prima di sfogliare un libro, lo sbatacchio e lo scuoto per avvisarli del mio arrivo. Se poi se li mangia il gatto, o la loro implacabile predatrice, la Forficula auricularia, meglio nota come forbicetta, li fa secchi anzitempo, dato che gli è dato vivere fino agli otto anni, è cosa loro.
Si potrebbe obiettare che mi mangiano i libri, ma tanto non è che debba lasciarli in eredità, e aggiungere che ci sono altri insetti blasonati, vedi lo scarafaggio, che invece stermino spietatamente e di cui mi auguro invano l’estinzione. Però, dico io, sarò libera di avere simpatie? Anche se i pesciolini sono analfabeti, e non sono gli unici che conosco, amano circondarsi di carta stampata e vecchie rilegature. Non selezionano i titoli, tuttavia ne hanno bisogno per campare. Con i pesciolini abbiamo un bel po’ in comune.

Text&Foto: © Annamaria Ciaravola
Giugno 2016

Mercanti italiani a Cordova

José Antonio García Luján, ‘Mercanti italiani a Cordova (1470-1515)’
in memoriam Prof. Alberto Boscolo

Presentiamo qui una selezione di paragrafi del libro, che si può trovare e leggere presso la Biblioteca dell'Istituto Italiano di Cultura di Barcellona, dove si conservano, inoltre, altri curiosi volumi. La traduzione in italiano qui riportata non è che un tentativo di intendere e rendere quell'antica scrittura castigliana


L'archivio notarile cordovese ospita un'ingente quantità e varietà di notizie sulla storia della città di Cordova e della sua provincia da metà del XV secolo – il 1442 per l'esattezza – fino all'inizio del XX secolo.
Il corpus documentale che offriamo è composto da novanta atti notarili relativi a italiani, in gran parte mercanti, che per vari motivi ebbero a che fare con gli uffici degli scrivani cordovesi.

1475, ottobre 12.
Domenego Guasco, fiorentino, tintore di scarlatti, e Fernando, tintore, suo compare, abitanti di San Andrés, stipulano scrittura secondo la quale sono obbligati a dare a Juan García, cenciaiolo, tre panni tinti in color scarlatto, per i 40.000 maravedì che da tale avevano ricevuto.
FONTE: A.P.C., Ufficio 14, protocollo 8, quad. 6, foglio, 12r.


In Cordova in questo detto dì dodicesimo del detto mese di ottobre del detto anno / settanta e cinque, stipulano Domenego Guasco, fiorentino, tintore di scarlatti / e Ferrando, tintore, figlio di Bartolomé Sanches, tintore, compagni, abitanti in Santo Andres, / che devono dare in pagamento a Juan Garçia, cenciaiolo, figlio di Alonso Garçia, legnaiolo, che Dio l'abbia, abitante / in Santo Pedro, che è presente, tre panni, venti dozzine, tinti in color scarlatto, / colorati, fini, tali che si devon dare e prendere […]

1487, giugno 19.
Accordo di apprendistato di Rodrigo di Cordova con il maestro Polo, genovese, berrettaio, entrambi abitanti nella parrocchia di San Nicolás del Ajerquía, per tempo un anno e obbligo di questo di dargli da mangiare, letto e calzatura.
FONTE: A.P.C., Ufficio 18. Protocollo 1, fogli. 732v.-733r.


In Cordova, in questo detto dì, stipulò Rodrigo di Cordova, figlio di Alfonso / Mexía, che Dio l'abbia, abitante residente in questa città nella / parrocchia di Santo Nicolas de Axarquía, che entra come apprendista con maestro Polo , genovese, berrettaio, abitante nella detta /parrocchia, che è presente, affinché lo avvezzi e insegni il detto suo / mestiere di berrettaio da oggi fini a un anno primo che verrà, / e che gli dia nel detto tempo da mangiare e bere e letto in cui dormire / e le calzature di cui avesse bisogno e vita ragionevole che lo / possa trascorrere e che gli mostri a tingere in scarlatto e scuro. […]

1496, luglio 20.
Vicenzo di Venezia, fabbricante d'organi, stipula aver ricevuto da fra' García Durán, priore, e da fra' Alonso de Vico, vicario del monastero di San Paolo di Cordova, 25.000 maravedì fino al giorno della data e in acconto di quei che dovrebbe ricevere per la fattura di degli organi per il citato monastero.
FONTE: A.P.C., Ufficio 14, protocollo 30, quad. 20, foglio. 28r.-v.


Ricevuta di maravedì.
In Cordova ventesimo dì di luglio del novanta / e sei anni, Viçenzo di Venezia, organaio, / stipula che ha in suo possesso ricevuto dal / reverendo padre fra' Garçia Duran, priore di / San Paolo di Cordova, e da fra' Alonso de Vico, vica- / rio del detto monastero, e di altro per loro, / venticinque mila maravedì fino a oggi, detto dì della / data, come acconto e pagamento dei maravedì che egli /deve avere per la fattura degli organi che a- / desso fa in detto monastero; […]

1500, luglio 8.
Juan de Villalpando stipula scrittura di perdono a favore della sua sposa Catalina de Pineda, che aveva commesso adulterio con Onorato de Spíndora, Luis de Godoy e altre varie persone, a condizione che gli dia carta di separazione nel termine di due mesi.
FONTE: A.P.C., Ufficio 18, protocollo 7, fogli. 335v.-339r.


Perdono di corna.
Nel nome della Santissima Trinità, Padre e Figlio / Spirito Santo, tre persone e un solo Dio vero, / che vive e regna per sempre senza fine, e della / beata Vergine Gloriosa Nostra Signora / Santa Maria, sua madre, e di tutti i / santi e sante della corte e regno celestiale. / Poiché la debolezza umana fa gli uomini // (foglio 336r.) brevemente errare e dagli errori nascono imbrogli e / contende e inimicizie e grandi disaccordi, [...] Per tanto in conformità con il Santo Vangelo, tramite questa presente carta voglio che sappiano / quanti questa carta di perdono vedano che io, / Juan de Villalpando, figlio di Juan Rodrigues de Villa- / alpando, che Dio l'abbia, abitante della città / di Siviglia e abitante che soleva essere della molto / nobile e molto leale città di Cordova, conosco e / accordo a voi, Catalina de Pineda, mia legit- / tima sposa, figlia di Bartolome Ruis d’Escanno, / e a voi Onorado d’Espíndola, genovese, e a voi, / Luis de Godoy, figlio di Juan de Godoy, venti / e quattro di Cordova, e dico che per quanto a- /desso saranno forse due anni, poco più o poco meno / di tempo, che io essendo assente da questa città, / nel detto tempo, voi, la detta Catalina de Pineda, mia (sposa) // (fogli 336v.) in vituperio e disonore mio e del mio onore aveste commesso e commetteste adulteri / con i detti [...]

1502, aprile 20.
Cristóbal de Avila, abitante nella parrocchia di Santa Maria, stipula scrittura di caparra a favore di Simón Ruiz, fiorentino, abitante di El Carpio, e di Francisco, orologiai, che dovevano fare un orologio per la città di Ecija per il valore di 10.000 maravedì.
FONTE: A.P.C., Uficio 14, protocollo 5, quad. 23, foglio. 2r


Caparra. Orologio
In Cordua in questo detto dì si obbligò Christoual de Auila, contadino, / abitante in Santa María, e disse che in quanto Ximon Ruys, fiorentino, abitante di / Carpio, e Françisco, orologiai, sono obbligati a fare un orologio / per la città di Eçija per dieci mila maravedì in certo termine, / a tal scopo, stipulano che lo faranno secondo i termini e secondo che / sono obbligati a vista di maestri, e se non lo facessero, / che pagheranno i maravedì che avessero ricevuto [...].



José Antonio García Luján, ‘Mercaderes italianos en Córdoba (1470-1515)’, © Nuova Casa Editrice L. Cappelli, Bologna, 1988.
Foto: Vista di Cordova, Anónimo italiano del secolo XVI, Biblioteca Digital Hispánica.
Junio 2014
Traduzioni dei frammenti: Paolo Gravela

Gesuiti in Paraguai

Gesuiti in Paraguai

Dicono che ci siano solo tre cose che Dio non sa:
1- Quanto sono gli ordini monastici femminili.
2- Quante scuole hanno fondato i salesiani.
3- Che cosa pensa un gesuita.
A queste ne aggiungerei una quarta, forse meno spiritosa ma un briciolo apocalittica:
4- Quanti libri sono stati scritti dai figlioli suoi, quelli della Genesi e capitoli successivi, pupille dei suoi occhi.


Mi immagino allora un Dio in pigiama, ormai dimenticato da tutti e lui stesso dimentico delle sorti delle suddette pupille, comodamente seduto sull’Universo (che ha forma di biblioteca, infinita), i piedi al caldo in un paio di galassie morbide come calzettoni, immerso, alla fioca luce di una quasar-abatjour, nella lettura di tutto quello che è stato scritto su papiro, pergamena e carta, o in pdf, in sumero, sanscrito, etrusco (poca roba), aramaico, greco, latino, guaranì, arabo, bantù e sassone nei secoli dei secoli. Dio mio! Esclama ogni tanto, sorpreso da tanto ingegno che non credeva d’aver creato…

Nel nostro piccolo universo tascabile, una nuova immersione nelle grotte sottomarine della biblioteca dell’Istituto Italiano di Cultura di Barcellona ha dato nuovi frutti: Il cristianesimo felice nelle missioni dei padri della Compagnia di Gesù nel Paraguai, di Ludovico Antonio Muratori, archivista, bibliotecario (anche lui!), padre della storiografia italiana, pubblicato per la prima volta nel 1743 e poi successivamente molte altre volte fino all’edizione di Sellerio del 1985 che è finita nelle rete da pesca di CapGazette.
Il libro racconta con molta attenzione della stagione dei Gesuiti in Paraguai, le loro imprese, le loro difficoltà, i loro errori, le loro scoperte, la loro presunzione e la loro umiltà, i conflitti con gli Indios, con le amministrazioni coloniali spagnola e portoghese e con i famigerati Mammalucchi, feroci cacciatori di schiavi da vendere a proprietari delle piantagioni brasiliane.

Qualcuno forse ricorderà un film del 1986, The Mission, con Rober De Niro e Jeremy Irons, sullo stesso tema. Riportiamo qui un breve passo del libro in cui il Muratori narra del talento musicale degli Indios, non inferiore a quello di Ennio Morricone, autore della colonna sonora del film.

Della musica degli Indiani del Paraguai

È degna di essere qui registrata un’altra invenzione di gran riguardo per nutrire ed accrescere la devozione dei nuovi fedeli americani, ed anche per attirare gli infedeli alla vera religione e a unirsi agli altri nelle Riduzioni già fondate. Questa invenzione consiste nella musica, di cui quegli industriosi missionari hanno spesso sufficiente cognizione e taluno ne sa anche a perfezione. È incredibile l’inclinazione naturale che quei popoli posseggono nell’armonia […] oltre alla suddetta inclinazione, in essi si trova una mirabile abilità per la musica delle voci e degli strumenti musicali, cioè una predisposizione per apprendere tutto ciò che spetta al canto e al suono. Hanno ottime voci, e a renderle tali, e anche più armoniose che in altri paesi, concorrono le acque del fiume Paranà e Uruguai, perché non bevono altro che acqua sana e pura […]. Quello che è più mirabile è che in Europa non vi è forse strumento musicale che non sia stato introdotto e che non si suoni tra questi buoni Indiani, come l’organo, la chitarra, l’arpa, la spinetta, il liuto, il violino, il violoncello, il trombone, il cornetto, l’oboe e altri simili. E tali strumenti non solo vengono da essi usati delicatamente, ma addirittura fabbricati dalle loro stesse mani […].

Frammento da Ludovico Antonio Muratori (1672-1750):
Il cristianesimo felice nelle missioni dei padri della Compagnia di Gesù in Paraguai.



Intro: Paolo Gravela
Illustrazioni angelo stilita e angelo in volo: Albert Àlvarez
Foto (Piverone, Gesiun, particolare): Lino Graz
CapGazette 3/2016