Le barche. Le Drassanes e il Museu Marítim di Barcellona

Barche

Le Drassanes e il Museu Marítim di Barcellona

Dopo esser passate per il genovese e il veneziano, la ‘casa del mestiere' o la 'fabbrica’, custodite dalla parola araba Dār-ṣinā῾a, sono approdate nell'italiano sotto forma di 'darsena’ e 'arsenale’.
Nella città di Barcellona i più antichi arsenali marittimi, in catalano les drassanes, risalivano all’XI° secolo. Tuttavia, gli unici di cui oggi rimane testimonianza sono quelli che vennero costruiti ai piedi del Montjuïc a partire dalla seconda metà del XIII° secolo, sotto il regno di Pietro il Grande. Nel XIV° secolo, il re Pietro il Cerimonioso diede il via alla costruzione delle navate e l’arsenale assunse l’aspetto che tuttora conserva; si racconta che quell'ampliamento prese dimensioni tali che all'interno vi si potevano costruire contemporaneamente fino a 30 galere.
Quando nel 1369 si innalzò il terzo anello della cinta muraria cittadina, le darsene entrarono definitivamente a far parte del nucleo cittadino. Oggi sono la sede del Museu Marítim di Barcellona. Il centro propone un percorso tra le imbarcazioni che solcarono le acque catalane, mediterranee e oceaniche nel corso dei secoli, facendo rivivere al visitatore sia la storia medievale della potenza marittima catalano-aragonese, che quella delle navi moderne impiegate nella rotta d’oltreoceano. Tra barche da pesca di distinti tipi, navi da guerra e immagini di transatlantici il pezzo forte è senza dubbio la riproduzione de “La Capitana”, la Galera Reale di Giovanni d’Austria che venne costruita qui nel 1568 e che nel 1571 portò i cristiani a vincere i turchi nella battaglia di Lepanto; è lunga 59 metri ed è decorata con preziosi motivi barocchi dai colori rosso ed oro.
Non poteva mancare una riproduzione dell’'Ictineo', il primo sottomarino della storia che proprio nelle acque del porto di Barcellona si immerse nella seconda metà dell’Ottocento. Ci incuriosisce inoltre l'esposizione dei mascarons (mascheroni o polene), quelle figure in legno di uomini e animali selvaggi o mistici che venivano installate sulla prua per allontanare le forze occulte del mare. Qui la Blanca Aurora, il Negre de la Riba, il Ninot non sono altro che versioni ottocentesche dell'occhio protettore di Egizi e Fenici e delle sculture delle navi vichinghe. La scultura del Ninot, che è un ragazzino che porta in una mano un diploma di nautica e nell’altra un berretto da marinaio, è probabilmente la più nota in città grazie al fatto che sulla facciata di uno dei mercati primo novecenteschi più frequentati, chiamato appunto il ‘Mercat del Ninot’, è in bella mostra una sua riproduzione in bronzo.


Secondo la leggenda si tratterebbe di un mascaró appartenuto ad una nave di trasporto di schiavi naufragata nella costa barcellonese; si racconta che il capitano si salvò dal naufragio aggrappandosi al Ninot per raggiungere la città.
Appena messosi in salvo, il capitano festeggiò così di gusto e di bevute che quella notte dimenticò il mascherone in una taverna che si trovava di fianco ad un mercato, ancora senza nome...
Stando invece a un'altra versione, il Ninot sarebbe appartenuto ad una nave di bandiera italiana che in una notte di tempesta approdò nel quartiere della Barceloneta; una ragazza che passeggiava in riva al mare col fidanzato e i suoceri, vedendo arrivare la nave, mise alla prova il promesso sposo, chiedendogli di recuperare la polena della nave.
E l’innamorato così fece, la ragazza se ne tornò a casa col suo Ninot e il giorno dopo il padre, pure lui fiero della prodezza del genero, lo appese nella taverna che gestiva vicino ad un mercato.
L’edificio delle drassanes di Barcellona è uno splendido esempio di gotico civile catalano con una parte centrale formata da otto navi parallele ad archi semicircolari sostenuti da pilastri di sei metri. Anche se pare che dell’originario edificio rimanga solo la facciata marittima risalente al XIV° secolo, nel corso delle modifiche apportate successivamente si adottò la stessa tipologia costruttiva della struttura originaria; continuano dunque a risaltare alcuni elementi gotici tipicamente catalani e assenti nell'architettura dello stesso stile diffusasi nel resto d’Europa: gli archi semicircolari non delimitano un lungo corridoio slanciato verso il cielo, bensì grandi sale quadrangolari, che danno la sensazione di un unico ed ampio spazio e oltre alla pietra, materiale più rappresentativo del gotico europeo, si è fatto uso anche del legno.

Gli arsenali passarono sotto il controllo della corona di Castiglia a metà del XVII° sec., dopo la guerra dei Segadors (1640-1659) e con Filippo Vº furono destinati ad arsenale militare; solo nel 1935 l’esercito li cedette alla città di Barcellona.
Tra la prima metà del XIII° sec. e il XV°, in epoca d’espansione della marina catalano-aragonese, negli arsenali di Barcellona si costruirono imbarcazioni di tutti i tipi, dalle barche più piccole fino alle grandi navi commerciali che percorrevano le rotte verso il Levante e verso i paesi del Nord Europa. Il legno utilizzato proveniva prevalentemente dai boschi dei Pirenei, ma anche da quelli della Croazia e delle Fiandre. Al suo interno lavoravano i costruttori di corde (corders) e di remi (remolers) , i tessitori di vele (velers), i fabbri (ferrers) e i maestri d'ascia ovvero i falegnami marittimi (mestres d’aixa). Terminata e preparata la nave, i proprietari la affidavano al capitano (patrò). Con lui avrebbero viaggiato due scrivani-contabili, uno con il compito di controllare e segnare su un registro tutte le spese e le entrate del viaggio e l’altro responsabile della mercanzia lasciata a bordo al momento della partenza. Oltre a mozzi e marinai, non sarebbe mancato un barbiere, che all'occorrenza sarebbe diventato chirurgo, i trombettieri per gli ordini da trasmettere all’equipaggio, il maestro d'ascia e una persona che si sarebbe occupata dei salari.


Text: Nicoletta De Boni © CapGazette
Foto: © Renata Scanu
Maggio 2105

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