Il museo, ovvero tre tentazioni irresistibili

Il museo, ovvero tre tentazioni irresistibili

Un nuovo racconto di Amata Brancaleone


Il labirinto di grotte era ormai diventato un museo. Dopo essersi addentrato, pensando di trovarsi veramente nei luoghi in cui i suoi antenati avevano abitato, si diresse alla galleria dove venivano esposte le opere dei pittori locali. Diede un’occhiata ad alcuni quadri appesi alle rocce, vale a dire ai muri dell'antro. All'improvviso rimase a bocca aperta. C'era uno splendido dipinto dei sassi di Matera. Si vedevano delle case scavate nelle calcarenite e perfino delle chiese nascoste tra i diversi rioni. Immaginò il modo in cui i superstiti delle antiche guerre, fuggitivi, osservando il profondo burrone, sentendo quasi fisicamente la sicurezza che ne proveniva, dovevano aver ringraziato gli Dei. Lui, invece, nel notarne il nome accennato sottilmente nella parte bassa della tela, ringraziò il pittore: il trattamento dei colori era meraviglioso, incomparabile. La straordinaria capacità della città di modificare le sfumature della luce si rifletteva in ogni angolo del dipinto.
Non poté fare a meno di desiderare quel quadro. Gli venne una voglia incontenibile di possederlo.


Prima di andare a letto mi accorsi che sarebbe stata una notte movimentata. Non ero da solo. Non potevo certo scappare, così mi sdraiai anch’io con loro.
Ci conoscevamo da anni, avevamo condiviso molti momenti - molte età - e non di rado ci eravamo lasciati andare a serate folli e intense. Erano sempre loro a prendere l’iniziativa, felici di sorprendermi, ed io le lasciavo fare.
Alla mia destra, come al solito, fredda ma fedelissima, imparziale, lucida, prudente e, a suo modo, démodé, la mia esigente Coscienza. A sinistra, provocante, calda, sensuale, attraente e spudorata, l’universale Tentazione.
Quella sera erano particolarmente eccitate. Appena mi sdraiai sul letto, mi si aggrapparono alla pelle e iniziò il ballo.
- Un uomo libero non reprime i suoi desideri - iniziò vigorosa la Tentazione - e l’arte, come il sesso, non dovrebbe venire pagata, il mercantilismo annega l’arte!
- Questo è un cliché! - esclamò la Coscienza - Non pagare l’arte significa rubare, è una aggressione all’artista, è illegale! Per quanto riguarda la voluttà, invece, siamo d’accordo.
- Il tuo desiderio è insaziabile, l’avidità verrà soddisfatta solo nel momento in cui sarà tua. Il piacere deve essere unicamente tuo, assolutamente tuo, solo tu abbraccerai quell’incommensurabile bellezza!
- Non è vero! L’arte dev’essere goduta dall’intera comunità, non chiusa in casa di un egoista. Ti vanti di essere generoso, altruista, nobile... dove sono finite queste tue qualità?
- Non è colpa tua, non è una tua scelta… è la luce del quadro che ti provoca questo forte desiderio di possederlo, voi umani siete esseri desiderosi e l’idea di ottenerlo in modo disonesto in fondo ti eccita. Ammettilo: ti atteggi a uomo onesto, ma sei un amante dell’illegalità, della truffa e del cinismo!
- Hai perso l’oggettività e la lucidità, stai per giustificare la cupidigia, l’avidità e rifiuti la responsabilità non solo dei tuoi atti, ma addirittura dei tuoi pensieri!
- Questo mondo è una giungla dove importa solo l’interesse individuale. Non fare il santo e agisci come tutti gli umani! Solo tu apprezzi quest’opera d’arte come merita, e l’amerai fedelmente per sempre. Hai il diritto di possederla! Anche lei ti vuole…
- No! Sei angosciato, hai l’anima invasa dal demonio, è una pazzia!
A quel punto ero arrivato al limite, stavo per esplodere. Toccava a me prendere l’iniziativa. Allora mi alzai, mi sdraiai sul divano nel soggiorno, da dove continuai ad ascoltare le voci, il rumore della loro discussione, ma attenuato.


Un raggio di sole gli accarezzava il viso. Era stanco, aveva dormito malissimo... non ne ricordava il motivo, ma si era svegliato sul divano. Ricordava vagamente di aver litigato con qualcuno, ma per quale motivo? Aveva forse sognato?
Improvvisamente ricordò: il quadro! Un sogno anche quello? No, nient’affatto. Ora lo vedeva in modo nitidissimo, la sua luce magica, irresistibile: il quadro esisteva! Sentì il bisogno di rivederlo ancora una volta. Si alzò deciso a tornare al museo.
- Buongiorno - disse all’ingresso. Dentro c’era solo il custode che badava alla piccola galleria. Gli chiese qualche informazione sul “pittore del quadro dei Sassi di Matera”. L’uomo lo guardò interrogativo: c’erano almeno dieci quadri con i Sassi… “gli artisti locali dipingono il paesaggio locale”. Lui insistette, trascinando il custode fino alla sala in cui era appeso. Lo ricordava bene, accanto a quella crosta con la cattedrale al tramonto, indegna di essere esposta.
Ma ecco che davanti a loro apparve solo una striscia di muro bianco:
- Dov’è? Dov’è? Dov’è quella luce? - chiese disperato. Fu preso da un'angoscia improvvisa, non poteva respirare, gli tremavano le gambe, riusciva a stento a reggersi in piedi. Il custode lo guardava come se fosse pazzo, o un mitomane, un attore, ma nel momento in cui cadde a terra incosciente, si spaventò e fu costretto a reagire.

- Ancora lei? - Sentì che gli chiedeva il medico del pronto soccorso appena aprì gli occhi - Cosa ha visto questa volta? Il naso di Dio? Una stella ubriaca? Il sorriso di una lucciola? Un raggio di sole in piena notte come la settimana scorsa?
Decise di richiudere gli occhi, tanto le luci le vedeva lo stesso.



Cronologia

I
Falsificò la lettera d’un’ipotetica università svedese che lo presentava come un eminente professore milanese, specializzato in pitture rupestri, loro stimato collaboratore. Il direttore del dipartimento d'arte richiedeva al museo il permesso di entrare nelle grotte e fotografarle. Le immagini, poi, sarebbero state inserite in una prestigiosa pubblicazione che sarebbe apparsa nei mesi successivi. Naturalmente il museo sarebbe stato citato e ringraziato nell'articolo.
Lo stratagemma funzionò alla perfezione. Il direttore del museo, un uomo allo stesso tempo ambizioso e rancoroso, riteneva che lo Stato fosse il principale colpevole della disattenzione nei confronti del patrimonio artistico locale. Decise quindi di non informare la Soprintendenza per evitare lungaggini e di consentire l'accesso all’inviato degli svedesi. Un po’ di pubblicità internazionale avrebbe certo portato turisti e visitatori (e alla fine persino il plauso delle autorità… incompetenti).

II
Dovette percorrere tantissime gallerie, botteghe d'arte e studi di pittori. Cercò anche per le strade. A Roma, Firenze, Milano. Proprio a Milano lo trovò seduto su un marciapiede, disperato, in preda al delirio dell’alcol e della frustrazione. Ottimo pittore, un cuore immenso, smarrito nei suoi incubi, senza più speranze e senza un soldo. Tuttavia, non furono i soldi a convincerlo, ma gli encomi al suo talento, alla sua abilità nel dipingere, alla sua fantasiosa percezione delle forme.

III
In tutto erano in tre. Lui, il giovane pittore spedito in Basilicata e il terzo uomo a Milano, per provvedere a quanto sarebbe occorso. Non volendo destare sospetti, tenevano tutti gli utensili ben nascosti in un armadio nell'appartamento che avevano affittato nei pressi del Museo. Se gli fosse mancato qualcosa, l'uomo a Milano gliel'avrebbe inviato. Con l’autorizzazione del direttore, usarono apparecchiature ad alta fedeltà per fotografare il quadro. Avrebbero così potuto ampliare le immagini con nitidezza, senza perdere nessun dettaglio. Stamparono copie dello stesso formato del dipinto: il risultato era davvero eccellente. Tuttavia, il giovane capì che per riuscire a copiare quel tramonto, avrebbe dovuto ammorbidire con una pazienza da certosino i rossi e gli arancioni. Ci voleva un po’ di giallo. "Mi raccomando" disse al capo, “fatti mandare un paio di tubetti di Terra di Siena”.

IV
Poche settimane dopo. Uno dei custodi che badavano alla galleria rimise a posto il quadro che era stato spostato. "Stronzi! Quelli del nord sono proprio degli stronzi! Hanno persino sporcato un angolo del dipinto!". Con delicatezza passò un panno sulla tela. Le macchie non sparirono. Avvisò il direttore. Quest’ultimo, sebbene un po’ preoccupato, all’inizio fece finta di nulla, ma quando, dopo tre giorni, le macchie avevano invaso gran parte del quadro, fece venire un perito a spese sue. La conclusione dell’esperto non lasciava ombra di dubbio: il dipinto originale era stato sostituito da un altro, una copia per la quale era stato usato un pigmento che, a causa dell’umidità della grotta, era diventato scuro, verdastro. Questo, concluse il perito, era accaduto perché i truffatori avevano probabilmente usato un pigmento giallo cromo mescolato con lo zolfo, cosa che nessun pittore locale avrebbe mai fatto. Anche se il direttore cercò in tutti i modi di evitarlo, la notizia si diffuse ovunque. Il "dipinto di Matera", come venne chiamato l'olio, prima noto solo a pochi esperti, apparve sulle riviste specializzate e persino sui quotidiani nazionali ed esteri.

V
Aveva soggiornato per un paio di mesi all'estero - meglio lasciare che le cose si calmassero - e poi era ritornato a Milano. Appena rientrato in casa andò nella stanza che usava come biblioteca, chiusa da una porta blindata come una cassaforte, e si dispose ad ammirare - assaporare - il controverso nuovo acquisto. La vista del quadro lo colpì al cuore. Non poteva crederci. Il tramonto si era scurito!

VI
Era a Londra. Un buon mercato per le opere d'arte. Pur essendo giovane e straniero sapeva bene a chi rivolgersi. “Sono contento", pensò. "Non è andata male. Tutto il trambusto non farà altro che aumentare il valore del dipinto. E di interessati a comprare opere d’arte trafugate ce ne sono sempre tanti”. Bastava aspettare il momento giusto, e tempo e pazienza non gliene mancavano di certo. In questo la vita di strada e la disperazione possono essere vere maestre.
- Quello scemo del capo ormai si sarà accorto - si disse sorridendo soddisfatto - che avevo fatto due copie. È vero che per la sua copia ci vorrà più tempo. Lo zolfo che ho messo nei pigmenti agirà più lentamente a Milano.
Testo: Amata Brancaleone (Lluís Castell Fàbrega, Anna Puigdefabregas)
Foto: Arte astratta ferroviaria.
A cura di: Paolo Gravela
CapGazette 2015

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